Da domenica scorsa la capretta più anziana è sparita dalla circolazione. La figlia l’ha chiamata per giorni senza esito. Temevo che i proprietari l’avessero tolta di mezzo in quanto malaticcia e forse non più produttiva, e invece ho scoperto che è proprio sparita. L’hanno cercata anche loro come me, senza esito. Dicono che sia stato un lupo, ma non se ne sono trovate tracce.
Era così dolce! La conoscevo da molto poco ma mi ero già affezionata. E che tristezza per la “piccola” che è rimasta sola. Ora stanno cercando di inserirla nel gruppo delle altre capre, da cui lei e la mamma si tenevano in disparte. Non sono tante, tre o quattro adulti e un paio di piccoli. Ma naturalmente loro la vedono come un’estranea e spesso litigano. Tuttavia ora si muovono in giro insieme. Nei primi giorni di assenza della madre, la piccola veniva spesso qui, sperando probabilmente di trovarla, perché la mamma amava stare sotto al mio balconcino, oppure in cerca di coccole, e quando mi allontanavo belava. Ora non viene più qui da sola. Passa di qua con tutto il piccolo branco, ma si tiene sempre lontana dalle altre, che non perdono occasione per “caricarla”.
È incredibile come ci si possa affezionare ad un animale in così poco tempo. Guardare le foto della mamma mi fa venire le lacrime agli occhi, forse perché era così dolce rispetto alle altre… Farsi una ragione della sofferenza animale non è compito facile. Questo mi ha indotto altre riflessioni generali, che vorrei condividere qui sotto.
Stare in questa situazione e in un luogo dove l’allevamento di “capi di bestiame” regna sovrano, mi crea uno stato d’animo di fondo non proprio piacevole, una specie di “disturbo di fondo” come quei ronzii che possono disturbare le trasmissioni radiofoniche. I luoghi sono fantastici, ma avere sotto gli occhi lo sfruttamento e i maltrattamenti è un peso. Lo so, per l’uomo comune questi sono “animali felici”, dato che possono pascolare “liberi” in luoghi bellissimi, diversamente dai loro simili di pianura e degli allevamenti industriali. Tuttavia, liberi non sono affatto. Ma soprattutto, per poter sfornare tutto quel latte, a primavera tutte queste mucche e capre hanno partorito dei piccoli, che per la maggior parte sono stati loro tolti (escluse parte delle femmine a loro volta destinate a produrre latte), immediatamente o quasi, per andare dritti al macello oppure all’ingrasso. Si tratta di animali che sperimentano continue maternità frustrate. Inoltre non è che vengano trattate coi guanti. Due volte al giorno sono sottoposte a mungitura (una tra le 3 e le 6 di mattina, perché il latte deve essere a valle per le 7), durante la quale vengono spinte, tirate, picchiate e comunque esposte a energie di paura e sottomissione. Per me un animale felice è un’altra cosa. Gli animali dei miei vicini non dispongono nemmeno di un riparo per la notte e le capre possono essere predate. Per non dire che comunque nessuno di questi animali muore di vecchiaia. Dopo qualche anno passato a sfornare vitelli/agnelli e latte, per tutto ringraziamento vengono mandate al macello.
Per non parlare poi dei danni che il pascolo continuo di animali pesanti causa ai terreni e alla vegetazione. Gli animali vengono fatti pascolare anche nei boschi, che di conseguenza non riescono a costituire una vegetazione naturale. Le capre poi sono libere di andare ovunque e mangiano anche cespugli e aghi di larice, per cui i giovani larici fanno fatica a crescere. Le mucche col loro peso distruggono terreni e sentieri.
E l’unico modo in cui questo sfruttamento potrà finire, è che gli uomini smettano di consumare latte e i suoi derivati.
Essere vegetariani non basta. L’industria della carne e quella del latte sono strettamente collegate. Smettendo di mangiare carne non cambiate nulla da questo punto di vista. È un passaggio utile a voi per allenarvi a fare a meno di certe cose e abituarvi ad altre, per entrare in un’altra ottica e stile di vita. Ma conosco tante persone che fanno il passo di diventare vegetariane ma poi rimangono lì bloccate in eterno, mentre la sofferenza degli animali prosegue giorno dopo giorno. Non raccontatevi favole: diventare vegetariani non è assolutamente sufficiente a ridurre lo sfruttamento degli animali.
Girando per i monti ho incrociato diverse mandrie. Ci sono mucche in lattazione e alcuni vitelli (femmine naturalmente). Alcuni di questi hanno al naso un anello pieno di spuntoni ideato per impedire loro di assumere il latte dalle mammelle della mamma, perché quel latte ve lo dovete bere voi, eterni lattanti, così com’è o sotto forma di formaggi. È ora di diventare adulti!
È ora di smettere di alimentare un mondo di predazione e sfruttamento e di creare un mondo di compassione e amore!
Nelle foto: la mamma in primo piano e le coccole alla figlia rimasta sola.