È come se un Dio irato, o forse burlone, si fosse divertito a lanciare grandi massi dall’alto ad uno ad uno facendoli sfracellare disordinatamente in mille pezzi. Una specie di discarica delle rocce che però, diversamente dalle discariche umane, che sono luoghi di definitivo abbandono, è un luogo di promesse e di disordinata creatività, dove le rocce prendono vita attraverso il movimento e la progressiva disgregazione, che qua e là crea le condizioni per la formazione di un suolo primordiale dove la vegetazione pioniera può iniziare a insediarsi. Attraversarlo tutto per me è stato come affrontare un rebus, un po’ saltando in equilibrio, un po’ chiedendo sostegno alle rocce adiacenti, un po’ scivolando di peso dove i dislivelli erano eccessivi, cercando di non perdere l’orientamento in quell’intricato ma affascinante labirinto, dove non mi sono sentita mai sola, perché le rocce erano “con me” e sembrava mi incitassero a procedere.

Dal momento in cui ho lasciato i sentieri segnati per entrare nell’esplorazione e sperimentazione pura, con il corpo e con lo spirito, ho avuto accesso ad una specie di tempo e spazio magico. Luoghi e situazioni che agognavo sperimentare da tempo.

Protetta dallo spirito dei camosci, che ho poi trovato ad attendermi in un numeroso branco famigliare all’altro lato dell’ampia conca colma di rocce, mi sono connessa all’eterno presente, certa di essere sorretta e guidata, audace ma prudente al punto giusto, senza mai mettere un piede in fallo. In quello stato di perfetta presenza, in contatto allo stesso tempo con ciò che è fuori e ciò che è dentro, con le sensazioni del corpo e in particolare dei muscoli e del senso dell’equilibrio, ma anche connessa col mio proprio senso di esistere, così intenso e vivo per me in questi frangenti. In questi momenti non esiste paura, ma al limite un frizzante senso di trepidazione. Le poche volte in cui la mia mente ha timidamente avanzato un’obiezione o un dubbio, il senso di sicurezza interiore dato da quella connessione e dalla fiducia che ne derivava li hanno fatti svanire dolcemente in fumo, come quello delle nuvole che ogni tanto si infilavano fra le creste e nelle conche. E quando sei connesso al Sé, ti trovi nel posto giusto al momento giusto, perché la Vita spontaneamente ti ci porta – a te spetta solo di lasciarti portare – perfettamente immerso nel qui e ora, non ti interessa più chiederti cosa ci sarà dietro al prossimo masso, dove diavolo ti stai andando a ficcare, se mai riuscirai ad uscire di lì e a trovare una strada per tornare a casa prima che faccia buio. Esiste solo il momento e la fiducia è totale che tutto accadrà nel modo “giusto” al momento “giusto” e non c’è nulla di cui preoccuparsi se non usare un minimo di raziocinio senza cadere nell’esaltazione.

L’energia di luoghi così speciali, raramente, se mai, calpestati da uomini, ha un effetto di guarigione a tutti i livelli. Il corpo si riattiva, le energie vitali scorrono, cresce la fiducia nelle mie possibilità e nel sostegno dell’Universo e mi sento ispirata ad aprirmi ad ascoltare i messaggi del mondo naturale, del Sé e del divino tutto, che in quel momento mi appaiono come un’unica cosa.

Ognuno di noi ha attività, situazioni, luoghi che facilitano il contatto col Sé. Individuare quali sono non è così difficile: sono quelle cose che ci fanno sentire bene, da cui ci sentiamo attratti, di solito fin da piccoli. Più difficile è spesso prendere la decisione di dedicarcisi senza lasciarsi trascinare via da solito “tran tran” quotidiano e dai discorsi scoraggianti della nostra mente, a loro volta alimentati da emozioni squalificanti di cui spesso non siamo consapevoli o che comunque trasciniamo nel tempo, senza un vero lavoro interiore. Sovente queste attività, situazioni e luoghi hanno a che fare anche con la nostra “missione” in questa vita, ma in ogni caso, coltivarli non ci potrà fare che bene, a patto che non diventino col tempo semplicemente una fuga dalla realtà quotidiana, ma che troviamo il modo di integrarle nel nostro vivere e farne il motore trainante della nostra evoluzione.