22 maggio 2022
Le nevi sono sciolte, la casa aperta per la prima volta per me. E così, oggi, simbolicamente, comincia davvero l’avventura, il tuffo nel vuoto di una nuova vita, tanto desiderata, tanto temuta.
Questa è la mia prima casa. Voluta da me, cercata da me, scelta da me, comprata da me. Per quanto, nella concezione comune, si tratti di una “seconda casa”.
Non me la sono scelta facile, mi sono sentita dire.
Ma non era quello lo scopo. La scelta è venuta da livelli in cui comodità, semplicità e accettabilità secondo il sentire comune, non sono priorità. E comunque andrà a finire, sarà stata comunque una scelta “vincente”, per la mia evoluzione. Determinante per la mia crescita.
Ogni volta che me ne sto seduta nel mio comodo appartamento di città, in un luogo che conosco a menadito da quando sono nata, con tutte le comodità di questo mondo, e sono tentata di dire “ma chi me lo ha fatto fare”, guardo le foto e i video di quei luoghi, respiro di nuovo quell’aria e ascolto i suoni del vento, degli uccelli, delle marmotte e delle acque che scorrono e mi ricordo “CHI” me lo ha fatto fare.
I conflitti interiori e le paure nell’immergermi da sola in questa avventura, dove davvero nessun altro mi può accompagnare, si manifestano concretamente nelle difficoltà che devo affrontare anche solo per raggiungere la casa (2200 mslm) e renderla accessibile e sicura per me e il mio vecchio e instabile quattrozampe. Una parte di me non vede l’ora, mentre l’altra vorrebbe continuare a poltrire nel suo comodo appartamento di città, che negli ultimi mesi ho anche reso più bello e accogliente.
Ma ascolto ciò che sento quando sono nei due luoghi, quando mi connetto a queste due parti di me. Nella seconda sento rinuncia, un adagiarsi in ciò che è conosciuto e facile, e percepito come sicuro… ma stagnante. Nella prima, spesso soffocata sotto le paure e le infinite elucubrazioni mentali su come risolvere o non risolvere i mille problemi e su quanto folle sia stata questa scelta per tanti motivi, c’è un irrequieto zampillare di acqua fresca, come di un torrente di montagna, impaziente di venire alla luce e bagnare i suoli e i fiori, e di cantare al mondo la sua bellezza, con la quale potrà dissetarlo; se non tutto, almeno quelle parti di esso che potrà toccare.
Mi impegno a non rifiutare né rinnegare alcuna parte di me. Anche quella che vuole le comodità e una vita più “normale” ha le sue ragioni di essere, e infatti posso sempre tornare in città quando voglio. Un’altra parte di me non vede l’ora di cominciare ad esplorare quell’altra pazza avventurosa e senza freni, per la quale nulla è impossibile, e che dà il meglio di sé quando esce dai sentieri tracciati.
E tuttavia, non sono io che stabilisco i tempi. Ci sono diversi ostacoli a rallentare il tutto, per cui, come mi hanno insegnato questi stessi luoghi (come qui), cerco di rimanere connessa, di seguire il flusso, di programmare il meno possibile e di ascoltare i messaggi della Vita.